martedì 26 gennaio 2016

26.01.2016 Fondamenti psicologici del disturbo da uso di tabacco

Per “dipendenza” si intende una relazione particolare con una persona od oggetto, tale per cui non se ne può fare a meno senza accusare disagio o patire forte stress.
Sul versante biologico si osserva che l’organismo col tempo si adatta alla sostanza e necessita di dosi crescenti, con la conseguenza che la brusca sospensione produce una sindrome d’astinenza, più o meno sfumata a seconda dei casi.
Spesso alla componente biologica della dipendenza si associa quella psicologica, per cui il comportamento del tabagista può essere influenzato da dinamiche intrapsichiche e relazionali profonde. Tali componenti frequentemente risultano collegate ad una fissazione allo stadio orale dello sviluppo psicosessuale infantile per cui grande valenza assumono le esperienze incentrate sulla stimolazione della bocca e del cavo orale.
Il neonato attraverso il succhiare, ingoiare, alimentarsi, ha modo di conoscere sé stesso, attraverso le sensazioni fisiche, e il mondo mediante le prime interazioni con la madre.
L’ esperienza di soddisfazione derivante dal piacere orale hanno grande importanza nella strutturazione psichica e costituiscono un fattore protettivo che consente di superare nel migliore dei modi i vissuti di frustrazione che sono, tuttavia, altrettanto necessari per uno sviluppo equilibrato.
Il neonato nei momenti di frustrazione impara a portare tutto alla bocca alla ricerca di quelle sensazioni piacevoli di cui serba memoria. La fissazione a questo stadio dello sviluppo può essere causata dall’eccessiva gratificazione o all’opposto da eventi traumatici che vanno a causare un arresto dello sviluppo libidico.
Molte sono le problematiche che possono conseguire a tale configurazione tra cui lo stabilirsi di una “personalità orale”. Si tratta di individui che conservano in età adulta le stesse modalità intrapsichiche che caratterizzano il neonato per la risoluzione degli stati di tensione ed ansia. Secondo il “principio del piacere” si è alla ricerca dell’appagamento immediato, privo di attesa, agendo d’impulso e quasi in maniera automatica. Il fumatore rimuove il pensiero delle conseguenze nocive del fumo poiché sente più urgente il bisogno di soddisfare una pulsione. Fumare diventa, così, una modalità orale attraverso la quale superare tutto ciò che nell’individuo provoca tensione e disagio psichico.
Nell’adolescenza rappresenta un comportamento rituale, di passaggio, attestante l’inclusione o l’esclusione dal gruppo dei pari. Veicola comunicazioni, è uno dei modi per manifestare il proprio disagio oppure l’opposizione nei confronti della famiglia alla ricerca di una definizione identitaria.
È possibile in tal caso che l’uso di sigarette sia solo transitorio mentre l’acquisizione di una dipendenza necessita di un substrato nella struttura psicologica individuale, che non di rado trova rinforzo nel contesto sociale. Infatti, tra i fumatori adulti si stabilisce una complicità di gruppo per cui ci si ritrova insieme per ripetere il consueto rito della sigaretta in un luogo dove nessuno ostacoli questo comportamento e nessuno ricordi quanto è dannoso. Occorre precisare che una volta instaurata la dipendenza tabagica, intervengono numerosi meccanismi per cui essa viene mantenuta in età adulta. Essa sembra essere una risposta funzionale alle difficoltà a relazionarsi, capace di placare lo stato di malessere, almeno in parte. Tale comportamento rientra, quindi, tra le modalità di autogratificazione più comuni (Tinghino, 2003).
Nel nuovo sistema di codifica delle dipendenze patologiche che si rileva nel DSM-5 (edizione del 2014), le categorie diagnostiche di abuso e dipendenza sono state fuse in un unico disturbo da uso di sostanze misurato su un continuum da lieve a grave.
Nel DSM-5 vengono individuati i criteri specifici per porre diagnosi di disturbo da uso di tabacco. Il criterio A vede un pattern problematico dell’uso di tabacco che porta a disagio come riscontrabile attraverso almeno due delle seguenti condizioni, che si verificano entro un periodo di almeno 12 mesi:
- utilizzo di tabacco per un periodo e in un quantitativo maggiore di quanto fosse nelle intenzioni;
- desiderio di smettere o controllare l’uso e sforzi infruttuosi in tal senso;
- forte desiderio o spinta all’uso;
- uso ricorrente di tabacco in situazioni nelle quali è fisicamente pericoloso (fumare a letto);
- uso continuato di tabacco nonostante se ne conoscano gli effetti nocivi;
- importanti attività (lavoro, attività sociali e ricreative) vengono abbandonate, interrotte a causa dell’ uso di tabacco;
- continuare a usare tabacco nonostante si incorra in problematiche relazionali (discussioni altri dovute all’uso);
- presenza di tolleranza;
- presenza di astinenza;
Attualmente si tratta di un fenomeno ancora molto diffuso. Secondo i dati ISTAT 2011 in Italia fuma il 22,3% della popolazione di età dai 14 anni in su. I fumatori sono il 28,4% dei maschi e il 16,6% delle femmine. Percentuali ancora piuttosto ampie nonostante le campagne informative sui danni del tabagismo promulgate a livello nazionale.
Sono, infatti, ormai note le conseguenze negative sulla salute associate all’uso di tabacco, inclusi i danni alla propria persona e quelli determinati dal respirare fumo passivo; eppure moltissime persone ancora oggi iniziano o proseguono a fumare. Le iniziative assunte nel nostro paese dal Ministero della Salute per contrastare il fenomeno, utilizzando anche immagini choc e frasi stampate sui pacchetti di sigarette ricordanti la nocività del fumo, non sembrano aver raggiunto i risultati sperati.
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità il tabacco è la principale causa di morte evitabile nel mondo. Poiché le campagne di informazione sui rischi sono state massive e riproposte ciclicamente è evidente che nel mondo occidentale quasi tutti conoscono i pericoli in cui si incorre fumando. Pertanto, molto ci si è interrogati sui motivi che portano a perseverare in tale comportamento e su come si possa risolvere la “dissonanza cognitiva” destata da tale paradosso.
Non di rado il fumatore fa appello persino al fatto che ormai l’aria è talmente inquinata che non sarà qualche sigaretta a “fare la differenza”, oppure che senza fumare starebbe peggio. 
Abbiamo già affermato quanto sia corretto considerare il tabagismo una vera e propria dipendenza, talvolta più marcata sul versante fisico, altre volte riconducibile maggiormente al versante psicologico, senza dimenticare l’influenza sociale che può accentuare e incentivare il fenomeno.
Il fumo può essere sintomo di un disagio maggiore e quindi le strategie per contrastare efficacemente tale comportamento richiedono che lo si inquadri nella complessità che assume nella vita quotidiana del fumatore.
È possibile smettere di fumare attraverso un percorso di sostegno individuale o di gruppo presso uno dei Servizi territoriali per la cessazione dal fumo di tabacco.
Questo Blog svolge anche funzione informativa, non solo territoriale, che mira ad ampliare la conoscenza di coloro che abbiano intenzione di “smettere” del fatto che può rivolgersi al Centro Antifumo (localizzando il Centro più vicino) per ottenere un sostegno concreto (medico e psicologico) e affiancamento per tutta la durata del percorso.
Nicoletta De Stefano
(psicologa)